Per i contadini  quando arrivava il momento d'ammazzare il maiale, era sicuramente una festa, principalmente perché si poteva mangiare qualcosa di diverso dal solito, perché la carne normalmente utilizzata in campagna era di pollo, coniglio, anatra e altri animali da cortile, molto raramente carne di maiale, quasi mai il vitello.


L'interesse, la curiosità era tanta che non si andava a scuola.


Bisogna rammentare che all'epoca non esistevano i congelatori ed anche i frigoriferi non erano molto diffusi, per cui alcune parti dovevano essere consumate entro breve tempo, mentre la maggior parte veniva conservata mediante salatura o altri modi di conservazione.

 

La festa gastronomica cominciava quindi il giorno stesso cucinando nel tegame il sangue ... ed ecco il famoso roventino fiorentino.


" i'roventino l'è fatto co i’ sangue di maiale… i'sangue di maiale si mette dentro a una padella un pochino unta, a i’ foco, e si fa ritirare, restringere, viene come una frittatina! ".

 

È un sorta di crepe confezionata con il sangue di maiale: una preparazione sempre più rara (un tempo per le vie di Firenze c'erano i venditori di roventini, ma ora sopravvivono soltanto i trippai). Il roventino veniva servito anche cosparso di zucchero o di formaggio grattugiato.


Anche tutti gli interiori (fegato, polmoni, cuore, lingua, milza) venivano cucinati a breve, nel giro di pochi giorni della macellatura, dopo il controllo sanitario da parte del veterinario.


Dopo un paio di giorni, il maiale veniva sezionato e così cominciava la lavorazione da parte del norcino (Il norcino è colui che macella il maiale e si occupa di lavorarne le carni. Può anche riferirsi al gestore della norcineria, ovvero la bottega dove si preparano e si vendono tutti i prodotti derivati dalla lavorazione delle carni di maiale. In alcune zone è ancora viva la tradizione, autorizzata dalle autorità sanitarie, di chiamare il norcino perché macelli il maiale tra le mura domestiche).


Venivano scelte le sezioni giuste per i prosciutti, le spalle, i'rigatino e le altre parti che si potevano mettere sotto sale.


Con tutte le altre parti preparavano le salsicce. La testa veniva bollita nel pentolone per poi scegliere le carni e i grasselli per la soprassata.


Nelle case di campagna non mancava mai il camino e sul camino si mettevano i braceri con a cuocere parti magre aromatizzate  da salvia e aglio. I pezzetti di carne assumevano un sapore davvero speciale che per  ottenerlo ci vuole il camino, la brace, il maiale, ma più di tutto ci vuole una giornata particolare com'era quella in cui si "lavorava"  il maiale.

 

La sua storia


Del maiale addomesticato ci sono ritrovamenti già nell' 8000 a.C. nella Turchia sudorientale, in popoli che non avevano ancora allevamenti caprini e ovini, e non si dedicavano nemmeno all' agricoltura.


I primi che fecero del maiale la principale fonte di carne furono i Greci.


Nell' Italia settentrionale la tradizione suinicola risale ai Galli che fino al secondo secolo a.C. si erano installati nella Cisalpina. Essi erano dei grandi allevatori di maiali ed estremamente abili nella confezione di prosciutti (pernae). Regioni come la Cisalpina, il Sannio, la Lucania, grazie alla grande quantità di boschi, rappresentavano luoghi ideali alla suinicoltura. Anche i Romani furono grandi consumatori di carne di maiale, fonti scritte testimoniano della conservazione tramite salagione e affumicatura di tutte le parti del prezioso animale e nelle città che potevano avvalersi sia di reti commerciali che di aree produttive, vi era un ampio commercio di carni fresche. In seguito i Romani nonostante una politica di disboscamento della pianura, lasciarono alla Cisalpina una grande vocazione suinicola.


La tradizione del maiale in casa nasce nell' alto medioevo quando si instaura nelle famiglie una cultura dell' autosufficenza alimentare. La sua grande capacità riproduttiva, unita alla possibilità di trasformare i rifiuti umani e agricoli in preziose proteine, la qualità della propria carne che può essere lavorata in molteplici modi e soprattutto il fatto che del maiale non si butta via proprio niente, fanno di questo docile animale una fonte sicura di benessere per l' intero anno. Il maiale rappresenta il simbolo di un nuovo modo di vivere il cortile intorno casa.


Ha inizio anche la nobile occupazione del norcino. Il norcino dopo aver "accorato" e pulito con acqua bollente il maiale, lo divide in due parti e da ognuna delle mezzene ne ricava prosciutti, spalle, lombi, pancette, lardelli e guancialetti. Col sangue raccolto e cucinato si otteneva il  "sanguinaccio" e con le parti meno nobili (orecchie, coda ecc.) la buonissima "soprassata".


Un tesoro di animale nella tradizione contadina


Dapprima l'uomo preferì lasciare il maiale selvatico (cinghiale) o semiselvatico, libero di pascolare nei boschi, catturandolo e ingrassandolo solo nelle ultime settimane prima della macellazione. Poi molti contadini, soprattutto in Emilia, iniziarono a vivere fianco a fianco a questi splendidi "spazzini", che mangiavano i magri scarti dell'alimentazione umana, la crusca e le ghiande.


In cambio garantivano carne per un anno intero a tutta la famiglia. Un vero tesoro la certezza di non soffrire la fame la possibilità di fare banchetti straordinari nei momenti di festa.


Negli ultimi secoli, con una migliore produzione agricola e con il diffondersi di sottoprodotti come il siero di latte, avanzo della fabbricazione del formaggio, il cinghiale divenne domestico, s'ingentilì ed ebbe la sua casa: il porcile.


Nel porcile vi era anche  la possibilità, tramite una fessura,  di alimentare il maiale con broda, senza entrare. Spesso, la sera, il maiale veniva lasciato libero di pascolare e di grufolare alla ricerca di insetti, vermi e altri piccoli animali.

Bandiere e stemmi della Toscana dall’avvento dei Medici in poi